Orami siamo a fine anno.
E come sempre si fanno un po' di bilanci.
Cosi' almeno e' la consuetudine.
Che poi la fine dell'anno e' solo il ripassare dal via mentre si gira attorno al sole, un punto in mezzo all'universo non meglio identificato, che pero' facciamo finta di riconoscere e ci fa sentire fighi di fronte a una nuova alba.
Un anno intenso, diverso. Un tempo che ci ha bloccato, ha cambiato le abitudini, ci ha costretto a rallentare e a fare i conti con una parte di noi che non eravamo abituati a guardare.
Ci ha messo di fronte all'impotenza dell'umanita' di fronte a qualcosa di infinitamente piccolo, ci ha fatto vedere l'enorme stupidita' di qualcuno, la rigidita' di altri.
E mi chiedo quanti di noi si siano davvero fermati a osservare la propria esistenza.
A sentire le proprie emozioni.
A riflettere su quello che realmente hanno.
Qui, invece, siamo stati costretti a farlo.
A rallentare.
A chiamare le emozioni con il proprio nome.
A guardare in faccia cio' che fa piu' paura.
A scelta, tra passato, presente e futuro.
I ragazzi che sono costretti, nonostante la giovane eta', a fare conti e a prendere decisioni su situazioni complesse che la maggior parte di noi non affrontera' mai nella vita.
E lo hanno fatto anche in questo anno strano, con i tempi diversi, con meno distrazioni forse. Con gli stessi problemi di sempre, con il sentirsi stranamente fratelli non di sangue.
Tra il 31 dicembre 2020 e il 1 gennaio 2021 le cose non cambieranno, se escludiamo il modo di apporre la data e i soliti errori nei primi giorni di gennaio.
Ci vorra' tempo per tornare a una normale anormalita' di questo luogo.
Un anno e' trascorso come sempre.
Ma siamo ancora in piedi e questo e' quello che conta.
Le ferite ci saranno sempre e i tuoi "Aiuto" saranno ancora salvati.
E impariamo che quando la vita ci sorride non dobbiamo concentrarci a trovare per forza la foglia di prezzemolo tra i denti.
Dobbiamo solo sorridere.
